martedì, Ottobre 15, 2024
Politica

L’eventuale scioglimento di Bari e i richiami “da osteria”: cosa prevede invece la legge


di Michele Allampreseavvocato

Il provvedimento prefettizio (si badi prefettizio) con il quale è stata nominata la commissione di accesso agli atti ai sensi dell’art. 143 del TUEL ha suscitato, da parte di alcuni esponenti politici, sdegno per il governo e solidarietà per il Sindaco De Caro.

Si sono lette, però, molte inesattezze, ed è forse il caso di fare chiarezza.

La procedura che può portare allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose parte sempre con la nomina di una commissione, che ai sensi dell’art. 143 del Testo Unico Enti Locali, è una iniziativa del prefetto. Il prefetto, infatti, quale massima autorità in materia di ordine pubblico, quando lo ritiene opportuno, dispone l’accesso agli atti del Comune e nomina all’uopo una commissione che avrà il compito di controllare gli atti amministrativi dell’Ente pubblico, onde valutare se sussistono infiltrazioni mafiose.

Entro tre mesi, rinnovabili una sola volta, il prefetto riceve dalla commissione, che è formata solitamente da un funzionario prefettizio, un ufficiale dei Carabinieri e uno della Guardia di finanza (quindi non certo da pericolosi leghisti) una relazione. A questo punto, sempre il prefetto, ha quarantacinque giorni di tempo per consultare il comitato provinciale per la sicurezza e l’ordine pubblico e il procuratore capo della repubblica, per poi notiziare il ministro degli interni dell’esito dell’accesso.

Solo a quel punto entra in scena il Governo che, su proposta del Ministro dell’interno può deliberare lo scioglimento del consiglio comunale.

Il provvedimento finale, quello che decreta lo scioglimento del Consiglio comunale, viene adottato con decreto del Presidente della Repubblica.

Dico subito che ritengo questa procedura contraria ai principi basilari della nostra più che bimillenaria civiltà giuridica, visto che non consente il contraddittorio con “l’imputato” il quale non può fare altro che attendere l’esito dell’iter che ho descritto per eventualmente ricorrere alla giustizia amministrativa.

Mi chiedo perché non lasciare, come già avviene, alla magistratura questi casi. Il Sindaco, o l’amministratore indagato già può ricevere un provvedimento cautelare che lo dispensi dalle funzioni, addirittura privandolo delle libertà, e a quel punto dinanzi ad un Giudice potrà far valere, già nella fase cautelare le sue ragioni, ricorrendo ai tre gradi di giudizio.

Sono comprensibili le parole di De Caro, che parla chiaramente sulla spinta emotiva e che, onestamente ritengo anche un ottimo Sindaco e una brava persona, quello che mi incuriosisce è la corsa a dare sostegno a De Caro, attraverso sgrammaticature istituzionali e frasi da “osteria”.

Trovo molto grave che un Sindaco parli di “provvedimento di polizia adottato da un governo di ispirazione fascista”; tanto non solo per il turpiloquio istituzionale, ma soprattutto perché un Sindaco, ex Magistrato e parlamentare di lungo corso, che peraltro è succeduto ad una amministrazione sciolta per infiltrazioni mafiose, dovrebbe conoscere l’iter procedurale che porta allo scioglimento e che nel caso del Sindaco di Bari è soltanto all’inizio.

Se il Prefetto di Bari sarà stato eccessivamente zelante, la commissione, ripeto formata da alti funzionari dello Stato, valuterà positivamente l’operato del Sindaco e tutto si chiuderà con un nulla di fatto, anzi con un encomio per Decaro. La relazione, oltretutto, dovrà passare al vaglio del comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza e del Procuratore capo (che in questo caso è anche liberato dal segreto d’ufficio) e infine, il provvedimento conclusivo è di competenza del Presidente della Repubblica.

Per De Caro, quindi, ci sono tutte le garanzie possibili, ma sempre con i limiti che ho descritto, di una procedura priva del minimo contraddittorio, ma che la Corte costituzionale ha dichiarato legittima.

Ciò che colpisce, però, è che soltanto adesso ci si renda conto di come la procedura sia ingiusta. Mi chiedo perché dovremmo ritenere la nomina della commissione che valuterà l’operato dell’amministrazione barese un “atto di regime” tanto da giustificare una manifestazione resistenziale da parte di tutti i sindaci e non altrettanto il medesimo provvedimento che ha colpito la precedente amministrazione di Cerignola, di Foggia o anche di Manfredonia?

L’unica spiegazione può essere un atto di fede. Ma la fede stride con la giustizia. Va cambiata la legge, forse ora l’ha capito anche il PD. Il prossimo passo, speriamo, sia quello di capire che non esistono anime belle a prescindere e che le amministrazioni sono fatte da uomini, che possono essere corretti onesti e leali anche se hanno in tasca una tessera di partito diversa da quella del PD.



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Mimmo
6 mesi fa

Puntualissimo, il problema è che si sceglie sempre di fare il tifoso, ma la legge va applicata o obrogata.

Michele.
6 mesi fa

Quanto è bravo questo avvocato. Che dotta spiegazione.

Sav
6 mesi fa

Bello tutto l’articolo ma, quando è successo a Cerignola, nessuno ha detto questo.

Terzino battitore destro per tutta la vita
6 mesi fa

Articolo molto interessante. Bravo Alla

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