sabato, Luglio 27, 2024
Politica

I Cattolici di Di Molfetta? Valgono meno di Bevilacqua

Cosa ha prodotto l’attivismo cattolico in questa campagna elettorale? Poco quanto niente. Anzi. L’operazione de i-Cattolici, la lista elettorale in favore di Franco Metta, è stata una vera e propria disfatta, perchè il risultato modesto, appena 1002 voti, va depurato dei travasi operati in fase di composizione delle liste.

 
Per rinforzarlo i mettiani, di fronte alla penuria di adesioni, hanno dovuto inserire nel progetto politico-religioso esponenti di peso della lista la Cicogna: Luigi Marinelli, già  consigliere comunale (207 voti) e Davide Pizzolo (190 voti), già  fantassessore della prima fantagiunta Metta. A questi si aggiungano le preferenze di Mariella Cioffi, già  coordinatrice locale dell’Udc aggiunta in extremis: 169 voti.
Il valore aggiunto della lista ideata da Giuseppe Di Bisceglia, capo dell’ufficio comunicazioni sociali della Diocesi Cerignola- Ascoli Satriano guidata da monsignor Felice Di Molfetta, è stato, dunque, di appena 446 voti. Ovvero meno della Lista Voci Nuove di Gerardo Bevilacqua, che ha totalizzato 452 adesioni.
è questo quanto le parrocchie (non tutte) e i cattolici (non tutti) sono riusciti a mobilitare per lanciare in consiglio comunale Gerardo Leone, presidente della Deputazione e priore della Confraternita Sant’Antonio, che ha raccolto intorno alla sua persona appena 137 voti, nonostante l’invito indiretto a dimettersi dai suoi incarichi prima di affrontare la campagna elettorale.
Va male anche Salvatore Amato, l’altro esponente politico-religioso, revisore dei conti della Curia, su cui erano depositate le aspettative della Curia: 64 preferenze; quattro in meno rispetto a Mimma Albanese, priora della Confraternita del Santissimo Sacramento, che ha incassato 68 preferenze.
Eppure la mobilitazione e le polemiche sul progetto i-Cattolici sono state feroci. Sia perchè il vescovo, nell’omelia della Messa per la Festa Patronale ha fatto un outing politico che ha scatenato recriminazioni, sia perchè il ruolo chiave di Dibisceglia, il capo dell’ufficio comunicazioni sociali della Diocesi che poi ha deciso di farsi da parte per ragioni familiari e di opportunità  professionale, è stato interpretato come una netta benedizione da parte del vescovo uscente, ormai a fine mandato. E nemmeno Metta, nonostante la pioggia di critiche, è riuscito ad uscire dalle ambiguità , tanto che è dovuto intervenire il segretario generale della CEI in persona, don Nunzio Galantino, il quale sotto mentite spoglie, da membro del Cda della Onlus Emmanuel, a due settimane dal voto ha sconfessato il suo sottoposto Di Molfetta e la lista i-Cattolici.
In quanto cittadini e persone di buona volontࠝ, che guardano ai bisogni degli ultimi, siamo e saremo ovviamente attenti a tutte le proposte che manifestino attenzione a tali bisogni, da qualsiasi parte politica provengano, ma ciò non si traduce in un sostegno dichiarato ad alcuno schieramento politico o candidato alla carica di sindaco, specificava il generale della CEI sottoscrivendo insieme ai soci Emmanuel una sorta di vademecum della campagna elettorale cattolica. Di fatto una netta bocciatura  – seppur smentita per ragioni di opportunità – all’intuizione mettiana di far breccia nelle parrocchie. Se la Chiesa cerignolana ha deciso di pesarsi- tra meeting, comizi, dibattiti e convegni- il risultato è stato assai magro.
Anche le omelie domenicali precedenti al 31 maggio sarebbero state macchiate da discorsi politici dei parroci, che, in maniera indiretta, hanno spinto affinchè i fedeli esprimessero un voto cattolico. Una sorta di don Camillo e Peppone degli anni 2000, preannunciato dalla schiaffeggiata pubblica dell’assessore Michele Romano al vicario del vescovo don Carmine Ladogana, per alcuni la vera mente della lista i-Cattolici. I due, come si ricorderà , si erano ritrovati nei pressi del Cinema Corso e dapprima erano volati paroloni poi tramutatisi in quattro ceffoni.
I giorni del voto sono stati caratterizzati anche da qualche passerella. Nei comizi mettiani, in piazza Duomo, don Carmine Ladogana non ha fatto mancare la sua veloce presenza tra la folla; allo stesso modo, il vescovo Di Molfetta, domenica 31 maggio, si è recato personalmente al seggio di Piazza della Repubblica, presso la Scuola media Pavoncelli, roccaforte del voto moderato, stazionando in zona per circa mezz’ora (in foto, a destra), tra strette di mano, pacche sulle spalle e bacio dell’anello episcopale. Nessun oggettivo riscontro all’interventismo politico della Chiesa: a pesare, nero su bianco, anche le 7100 firme indirizzate contro la creazione di una cripta nella Cattedrale di Cerignola.
Una installazione che ha avuto quasi il sapore del referendum sul vescovo, di sicuro non tra i più amati della storia della comunità  cattolica locale. C’è chi lo ha definito vescovo costruttore, per via degli appalti milionari affidati alla Sedir di Gerardo Biancofiore (per il restauro e la costruzione edifici di culto), con il quale il prelato ha instaurato un rapporto di fiducia anche per quanto riguarda la copertura delle strutture religiose con pannelli fotovoltaici (ditta Goethe, Biancofiore già  presidente). Il tutto si è rivelato un flop: il valore aggiunto de i-Cattolici è un gradino sotto al risultato di Bevilacqua.
Michele Cirulli
 
 
 

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