sabato, Luglio 27, 2024
Cronaca

Il boss dei Casalesi “Sandokan” si pente: gestì il traffico di rifiuti tra Campania e Capitanata


Era uno degli ultimi irriducibili della camorra casalese, custode di importanti segreti, ma dopo 26 anni di prigione, la maggior parte trascorsi in regime del carcere duro, Francesco Schiavone, noto come Sandokan, capo indiscusso del clan dei Casalesi, ha deciso di collaborare con la giustizia.

Lo riporta l’edizione cartacea del quotidiano “Cronache di Caserta”. 

L’avvio del percorso di collaborazione da parte di Francesco Schiavone, soprannominato ‘Sandokan’, viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia.

Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre. (ansa)

Il clan dei Casalesi, come riferito da un altro pentito ormai morto, Carmine Schiavone, si occupava anche del traffico illecito di rifiuti e del tombamento dell’immondizia dando vita a quella che da tutti è stata identificata come Terra dei Fuochi. Quel fenomeno, poi, come lo stesso primo collaboratore di giustizia ha raccontato, si è poi allargato alle regioni limitrofe coinvolgendo anche la Capitanata e quindi Cerignola.

Non è un caso che, nel 2014, con l’inchiesta Black Land (traffico di rifiuti tra Cerignola e Campania), tra gli arrestati c’è stato anche un uomo che era finito nella lista nera delle persone che Carmine Schiavone aveva consegnato alla commissione parlamentare di inchiesta sulle ecomafie e che conteneva i nominativi della manovalanza utilizzata dalla camorra.

Questo elemento comparso nella black list di Schiavone era inserito in un sistema criminale che si adoperava per tombare i rifiuti a Ordona, Cerignola, Stornara, Candela, Foggia. Tra gli arrestati in quell’operazione, come si ricorderà, anche Erminio Arminio, poi condannato in primo grado, che l’Amministrazione Bonito aveva scelto come interlocutore per la costruzione del nuovo stadio comunale.



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