sabato, Luglio 27, 2024
Cultura

ArezzoWave, dalla Capitanata ci prova “”Il palpito dell’Uno””

I loro brani sono narrazioni post elettroniche (come il nome di una loro rubrica social), sperimentazioni continue di espressioni sonore e linguistiche. E loro sono Il Palpito dell’Uno, la band che ha sbaragliato la concorrenza di Franklin, Truemantic e Gioventù nelle finali provinciali dell’Arezzo Wave Love Festival – edizione 2018 – tenutesi lo scorso 27 aprile al Resurb di Cerignola.

Attendendo le finali regionali, che porteranno la band pugliese vincitrice ad esibirsi nello storico festival italiano di stanza nel territorio toscano, conosciamo meglio il Palpito dell’Uno, band originaria di Troia, composta da Giuseppe Tredanari, Mattia e Gianbattista Ciarmoli.

Domanda di rito, cosa significa il nome che avete scelto per la band?
Il Palpito più che essere un semplice nome è un’ idea, un contenitore e un punto di vista su ciò che viviamo e vediamo ogni giorno. E poi al Palpito non piacciono i riti. L’attenzione alla scrittura dei testi è evidente. Il parlato non nasconde una certa complessità  e l’attenzione all’estetica della parola e al suo significato più intimo. Come nasce e come si vive questa scelta in un mondo (non solo musicale) che, invece, punta sempre più alla semplificazione e all’immediatezza?

La funzione primaria delle parole e successivamente della musica è l’invito a pensare, e a farsi domande ed è per questo che puntiamo molto sui testi e sulle parole. Più che dare un significato cerchiamo di dare strumenti per andare oltre, è evidente che farlo in una società  frettolosa, veloce ed abituata a sentire e non ascoltare non è semplice, ma crediamo nelle cose difficili. La formazione della band è cambiata nel tempo, quali conseguenze ha avuto sul progetto musicale iniziale? Che evoluzioni ha avuto?

Più che cambiata si sta evolvendo, siamo partiti in due, adesso siamo in tre e magari il prossimo anno saremo in quattro o più. La cosa bella di non porsi limiti iniziali preferendo la sperimentazione e il “”vediamo che succede”” è proprio questa, la possibilità  di sperimentare ogni giorno e di ricominciare e ripartire ogni volta. Scelta dei suoni: da dove parte e perchà©, quanto e come si lega con i testi? Cosa nasce prima?
Solitamente le canzoni nascono al piano o alla chitarra, nella forma più semplice possibile e, cosa importante, non sono mai complete, sia nella musica che nelle parole, questo per dare spazio successivamente a tutto ciò che accade in sala prove. Si parte da una linea base e si comincia a provare, aggiungere o sottrarre suoni, loop, note, in un continuo work in progress, fino ad arrivare ad una forma “”quasi”” definitiva. Ci sono state canzoni suonate in un modo e poi cambiate e riarrangiate per diverse volte, non ci sono limiti. Raccontateci una vostra canzone…

La canzone scelta è … Compagni di viaggio. Questa canzone è nata in treno, in questo caso è nata prima la musica, una base creata con il telefono dato che era l’unico strumento a disposizione. La musica è quasi un mantra che va avanti veloce ma per assurdo ti invita a fermarti e pensare. La canzone si apre con un immagine “”Giochiamo a perderci sui viali arcobaleno”” sembra una poesia ma è semplicemente la realtà . Mi ero perso davvero in un bosco e proprio questo perdersi, questo sbagliare strada ha ispirato questo canzone. Non siamo più abituati a sbagliare, a perderci e a perdere tempo… Ecco mi sono perso anche nel racconto. Comunque per approfondire vi invito ad ascoltare la canzone. Qual è il vostro ultimo lavoro discografico? E cosa c’è in cantiere, quali sono i prossimi progetti musicali del Palpito?

L’ultimo lavoro si chiama Angelica, e non è ancora terminato. Di solito siamo molto impulsivi e impazienti di far ascoltare le canzoni a chi ci segue, questa volta stiamo lavorando con molta calma e attenzione e ci stiamo godendo ogni singolo passaggio. Ora siamo nella fase videoclip. Se invece immaginiamo di essere in un cantiere, diciamo che in questi due anni abbiamo costruito le fondamenta, che non sono ancora completate, sicuramente non alzeremo muri, ma tante finestre per poter guardare ed avere diverse prospettive. Il sito web spacca e anche sui social vedo che vi divertite o spendete tempo con le grafiche. Per voi conta molto la comunicazione?

Beh, per chi fa musica è fondamentale comunicare con tutti i mezzi possibili. Quello che critichiamo spesso, anche nelle nostre canzoni, è la sostituzione del mondo virtuale a quello reale, ai rapporti sociali. La tecnologia a volte ci rende stupidi, non riusciamo più a comunicare, a parlare senza fare a meno di strumenti accessori. Questo non vuol dire che non sono utili, anzi, noi stessi cerchiamo di usarli per ampliare il nostro pubblico ma lo facciamo essendo semplicemente noi stessi, divertendoci. Però vogliamo sottolineare che più che i post, a noi piacciono i posti in cui si incontra gente e si scambiano commenti, quelli fatti guardandosi negli occhi.

Dal vostro punto di vista, qual è la situazione del nostro territorio in quanto a possibilità  artistiche?

Come abbiamo e avete potuto vedere sul palco dell’Arezzo Wave in questi anni ci sono state davvero un sacco di band super valide e che hanno qualcosa da dire e soprattutto modi differenti di fare musica. La difficoltà  oggi è trovare spazi per esprimersi, e gente disposta a mettersi in ascolto. Solitamente la colpa ricade sempre sui locali, dobbiamo dire però che in questi ultimi mesi abbiamo trovato, proprio nel nostro territorio senza andare troppo lontano, tante persone che amano la musica, che hanno voglia di ascoltare il nuovo e che si impegnano a promuoverlo, quindi siamo molto fiduciosi!
Una riflessione personale in chiusura. Non abbiate paura, fate pure varie riflessioni, che è già  qualcosa.

Lucia Pepe

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