Il canile lager di Orta Nova: “”Se i cani potessero votare…””
Se i cani potessero votare, il canile di Orta Nova oggi sarebbe un’eccellenza del territorio. Con questa mera constatazione, Francesco Volpicelli descrive l’attuale situazione di abbandono della struttura sita in contrada Mascitella.
La stessa che alcuni giorni fa è stata raggiunta da un’ordinanza di sequestro penale eseguita dai Carabinieri, in seguito a delle valutazioni sulle condizioni igienico-sanitarie effettuate in loco. Volpicelli da anni si interessa di randagismo e, ad Orta Nova, ha fondato la sezione delle Guardie Ambientali, di cui è stato anche presidente provinciale. Oggi l’associazione, nonostante Volpicelli non ne faccia più parte da alcuni anni, continua a prendersi cura del territorio, con la gestione di aree per lo sgambettamento dei cani e altre iniziative legate alla tutela dell’ambiente. Una di queste aree, quella adiacente a Piazza Mario Frasca, è stata recentemente chiusa per alcune insolvenze del Comune nei riguardi dell’associazione stessa che curava il parco. Ma a preoccupare oggi è soprattutto lo stato di abbandono del canile, che da oltre 10 anni non ha visto più alcun intervento programmatico per arginare il sovraffollamento, la fatiscenza della struttura e le problematiche sanitarie.
I COSTI PER LA GESTIONE E UN TACIUTO BUSINESS
Secondo quando confermerebbe anche l’ultimo atto di indirizzo del 21 12016, il Comune di Orta Nova quest’anno ha destinato circa ‚¬ 7250 per l’acquisto del mangime, con una spesa che quindi sarebbe ripartita in ‚¬ 604 per ogni mese. Su una media di 150 cani (questo il numero dei randagi che affollano attualmente la struttura) si spenderebbero dunque ‚¬4 al mese a fronte di almeno ‚¬ 1.50 al giorno previsti per ogni cane. Il canile “ ha affermato il sindaco, Dino Tarantino “ in questo momento richiede una spesa troppo elevata per le casse comunali, senza considerare le numerose emergenze che ogni giorno riguardano da vicino alcuni cittadini indigenti che, in questo momento storico, devono essere la priorità per la nostra Amministrazione. Il tutto va conteggiato al netto delle spese che vengono sostenute per i compensi dei custodi e per la rimozione delle carcasse degli animali deceduti. L’attuale gestione del canile “ afferma Volpicelli – è affidata a privati senza titoli, per i quali sono previsti rimborsi. Questa situazione non è contemplata dal legislatore in quanto non prevede il pagamento o il rimborso di spese a soggetti non previsti dalle normative attuali. Inoltre, nel dicembre del 2003, il signor Laddaga espose una denuncia ai Carabinieri affermando di aver sorpreso alcuni custodi del canile, a rivendere le sacche di mangime acquistate con i fondi messi a disposizione dal Comune.
UN PIANO DI GESTIONE ALTERNATIVO
Il canile fu predisposto nel 2003, nella zona dove si trova attualmente, dall’allora primo cittadino Michele Vece, il quale ebbe la premura di dare in affidamento il sito ad un veterinario ortese che, con un compenso di ‚¬ 800 al mese, per circa 4 anni ebbe il compito di eseguire le vaccinazioni, identificare i cani ospitati dalla struttura e sterilizzarli. Con l’avvicendarsi delle Amministrazioni Comunali però, trascorsi i 4 anni, non fu più incaricato nessun veterinario per la cura degli animali e la situazione è andata lentamente degenerando, fino al recente affidamento di gestione all’Unione dei Cinque Reali Siti che non ha mai preso veramente in carico l’emergenza. A questo discorso, va aggiunto il fatto che, poichè il canile presenta alcuni limiti dal punto di vista architettonico-infrastrutturale, non ha mai ottenuto la certificazione ASL, utile per richiedere dei possibili finanziamenti dalla Regione, per la necessaria riqualificazione. Infatti, attualmente, ci sono ancora delle cucce che presentano delle tettoie in Eternit, con la pavimentazione di cemento che, essendo porosa, una volta corrosa dalle urine degli animali, non permette una facile pulizia da parte degli addetti. Abbiamo pensato – ha spiegato Volpicelli – ad un piano di gestione alternativo per porre fine a questo problema. Un primo intervento necessario consisterebbe nello svuotamento del canile, tramite le adozioni e l’affidamento di alcune unità a strutture ben avviate, presenti in altre località limitrofe. Dopodichè il canile andrebbe abbattuto, bonificato e ricostruito con dei materiali e degli spazi che più si confanno alla presenza di animali. Una volta fatto ciò, le Guardie Ambientali potrebbero prendere in carico la fase di controllo del randagismo, curando anche la conseguente introduzione degli animali all’interno della struttura. Altre associazioni, come per esempio Mi Fido di te, che da anni svolge un lavoro encomiabile su Orta Nova e Ordona, potrebbero curare la sensibilizzazione alle adozioni. In ultimo, le associazioni che assistono anziani e disabili sul territorio potrebbero attivare dei percorsi di Pet Therapy, per rendere il canile una struttura attiva e non un drammatico campo di concentramento, come è adesso. Il tutto sotto la direzione e il controllo di un veterinario.
IL PROBLEMA SANITARIO, IL RISCHIO LEISHMANIOSI E LE MOSSE SBAGLIATE DI CHI GESTISCE
Oltre alle problematiche strutturali, da anni il canile è esposto alla diffusione della Leishmaniosi, una particolare parassitosi che si diffonde tra i cani e che si manifesta con dermatiti esfoliative, alopecia, perdita di peso repentina, sanguinamento; la stessa malattia infine può portare anche alla morte degli animali. Negli scorsi anni erano state predisposte delle particolari quarantene, dotate di zanzariere, per evitare che il vettore della malattia (il pappatacio, un insetto simile alla zanzara), potesse diffondere ulteriormente il virus. Oggi queste fitte reti protettive sono state rimosse, senza alcun motivo. La patologia, dunque, continua a trasmettersi tra gli animali e potrebbe contagiare anche gli umani, visto che, all’interno della struttura, non sono presenti degli spogliatoi per gli addetti ai lavori. Inoltre, l’area non prevede un’infermeria e un deposito dei mangimi, i quali sono sempre esposti ai topi che infestano il terreno circostante. Oltre a questi rischi, vi sono anche altri accorgimenti che non vengono rispettati. All’interno delle gabbie sono posizionati 3 o 4 animali di grossa taglia che invece avrebbero bisogno di un unico spazio ciascuno, oltre ad avere la possibilità di poter circolare liberamente almeno una volta al giorno.
A causa di tutte queste inadempienze la situazione sembra lontana dalla risoluzione definitiva, mentre la mancanza di una volontà politica ben precisa, continua a consegnare la zona al degrado. La storia della carenza di fondi “ conclude Volpicelli – ha poco fondamento, vista le attività di bilancio attuali e i fondi che il Ministero della Salute gira alle Regioni che, a loro volta, possono essere utilizzati per i canili delle varie città . Questi ultimi sono davvero pochi sul territorio pugliese e quindi aumenterebbe la possibilità di reperire finanziamenti per quelli che già esistono e che non funzionano come dovrebbero.
Francesco Gasbarro