domenica, Aprile 28, 2024
Cultura

La scuola cattolica di Edoardo Albinati : la peggio gioventù

Oggi è il turno di un libro che ha stregato un illustre giuria di un insigne premio letterario italiano. Stiamo parlando de La Scuola Cattolica di Edoardo Albinati, che quest’anno vince a pieno diritto, con 153 voti, lasciando dietro di sè una quaterna di scrittori molto validi che hanno perso nella corsa del premio Strega.

 
Al professor Albinati vanno i tradizionali riconoscimenti del premio in denaro e della bottiglia maxi del famoso liquore beneventano, oltre all’ovvio diritto a fregiarsi della fascetta con il logo della competizione nella prossima ristampa del romanzo.

Edoardo Albinati è uno scrittore di tutto rispetto. Da più di vent’anni insegna nel carcere romano di Rebibbia, e contemporaneamente ha portato avanti una carriera di traduttore di svariati autori internazionali. Negli ultimi anni si è cimentato con successo anche nel campo delle sceneggiature cinematografiche, come testimonia la sua mano nel plot del film del suo amico Matteo Garrone, Il Racconto dei Racconti. E da pochi giorni è trapelata la notizia che il suo romanzo diventerà  anch’esso un film, anche se ha espressamente dichiarato che non parteciperà  alla stesura del canovaccio. Per quest’uomo, avulso dai riflettori, l’insegnamento è tutto.

E questo libro ha il piglio dell’insegnante, benchè lasci irrisolto il quesito principale che lancia fra le pagine della sua mastodontica opera. Non poche frecciatine maliziose ha suscitato la mole del libro, ben 1294 pagine, che hanno messo in dubbio la leggibilità  complessiva del libro. Come se lo Zibaldone di Leopardi o la Ricerca del Tempo perduto non abbiano conquistato il pubblico nonostante la lunghezza oceanica. Del resto, i detrattori faceti e meno dovrebbero considerare che l’edizione cartacea ne esce sfrondata di ben 150 pagine, che confluiranno nell’edizione digitale, costituendo la meta della Nona parte, intitolata Il quaderno di Storia del professor Cosmo.

Forse abbiamo trovato la prima vera opera di fine sensibilità  letteraria sugli Anni Settanta. Proprio così, perchè l’argomento principale riguarda l’episodio di cronaca nera più inquietante del periodo della contestazione, quel famoso massacro del Circeo dove tre rampolli di famiglie altolocate e rispettabili seviziarono due ragazze di umile origine e ne uccisero una. I lettori più d’antan ricorderanno benissimo il battibecco che sorse fra Lotta Continua e il Corsaro luterano Pierpaolo Pasolini, gli uni arroccati nell’interpretazione classista dell’evento, e l’altro fieramente avverso alla tesi. E uno dei motivi che potrebbero fungere da macabro traino nelle vendite potrebbe essere il fenomeno dilagante del femminicidio, che in Italia continua a mietere vittime quotidianamente.

Ma nello spazio immenso del libro, il massacro del Circeo occupa solo il nucleo principale, mentre tutti gli episodi secondari e una miriade di personaggi, inventati e reali, costituiscono un sottobosco narrativo che si snoda attorno ai tre protagonisti. Gente che Albinati ha toccato con mano, essendo stato compagno di scuola durante la sua permanenza nel collegio romano di San Leone Magno di Angelo Izzo e Gianni Guido, per poi trasferirsi nell’ultimo anno di liceo presso il Giulio Cesare, dove ebbe tempo di conoscere Andrea Ghira.

Albinati ha chiarito fin dall’inizio che il suo non è attacco verso una religione o una spiritualità  specifica, quanto un inquisitoria di una istituzione concreta, che ha instillato in giovani menti il timore dell’autorità  e il senso peccaminoso della sessualità . E neanche il pensiero dell’autore sembra essere l’obiettivo della narrazione. Infatti ogni personaggio, seppur insignificante, reca con sè il germe di una nuova critica, di una nuova prospettiva che getta nell’oscurità  tutto quello che si era espresso prima. Ma la domanda principale resta : siamo liberi nelle nostre scelte, oppure non siamo altro il prodotto meccanico di ambienti e stimoli che ci vengono inculcati con sottile perizia?

Non meraviglierebbe questo umile recensore se alcune delle pagine di più intensa ricostruzione psicologica, che sembrano gridare a squarciagola che il mostro si annida in ognuno di noi e spetta a noi lasciarlo in catene, entrassero nel giro di pochi anni nelle antologie scolastiche. Cosa che avverrà  senz’altro, magari dopo le ovvie vittorie della riduzione cinematografica in fase di preparazione.
Enrico Frasca
 
 
 

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